Sappiamo che la Camellia Sinesis, la pianta del tè, cresce anche in Italia. Ce lo dimostra l’esempio toscano della piccola coltivazione a S.Andrea di Compito, fondata da Guido Cattolica.
Ma sapevate che le piante del tè crescono anche in Piemonte, in Val d’Ossola, vicino al Lago Maggiore?
L’area, per il clima mite che la caratterizza, è ideale per la crescita delle camelie. Lo stesso vale per la pianta del tè, che come sappiamo appartiene alla stessa famiglia? A questa domanda ha risposto Paolo Zacchera, titolare dell'azienda vivaistica La Compagnia del Lago Maggiore, già sette anni fa.
La coltivazione di tè sul Lago Maggiore
Nell'azienda florovivaistica di Paolo Zacchera vengono coltivate e fatte crescere numerose varietà di piante, per lo più acidofile come camelie, azalee e rododendri.
La sperimentazione legata al tè è cominciata con una decina di piante, coltivate nei terreni che si trovano a Premosello-Chiovenda, nella provincia del Verbano Cusio Ossola.
Successivamente il numero di piante è aumentato, arrivando alle attuali 20.000. Tutto questo si è evoluto nell'arco di sette anni, aspetto che ci suggerisce chiaramente che il progetto di Paolo sta procedendo e funzionando.
Qui si trovano ceppi di piante di Camellia Sinensis originarie del Lago Maggiore e altri provenienti da zone particolarmente rigide della Turchia.
Ma come cresce il tè in Val d'Ossola? Gli esemplari di Camellia Sinensis piantati qui hanno dato buoni risultati. Viene effettuata un'irrigazione controllata, anche se la quantità d'acqua non deve essere esagerata, altrimenti le radici marcirebbero.
La pianta del tè cresce ottimamente in terreni dai quali riesce a ottenere i nutrimenti necessari, ma soprattutto la conformazione rocciosa e non argillosa permette l'areazione e anche la giusta irrigazione.
Il terreno su cui crescono qui in Val d'Ossola è sassoso, leggermente pendente; qui le piante si sono acclimatate, per cui sono in grado di resistere all'inverno e alle gelate del terreno che interessa queste zone.
Ma quindi in Italia esiste una pianta del tè che cresce sul Lago Maggiore? La storia è un po' più complessa.
Come ci ha raccontato Paolo, tra il 1870 e il 1880 ci fu un boom di richiesta di tè in Italia. In quegli stessi anni gli Inglesi iniziarono a far coltivare e lavorare il tè a Ceylon, che oggi conosciamo come Sri Lanka. Il Governo Italiano di allora investì nella coltivazione di tè in Campania e in Sicilia, con risultati molto scarsi.
Durante gli anni '30, in piena autarchia, venne dato l'incarico all'università di Pavia di coltivare alcune piante di Camellia Sinensis nelle Alpi Lombarde e Piemontesi. In questo modo si fu in grado di selezionare una varietà molto resistente agli inverni rigidi, che prese il nome di varietà Ticinensis.
Queste avrebbero dovuto dare inizio a una piantagione di tè sperimentale presso la floricoltura Hillebrand di Pallanza. Purtroppo questo progetto non proseguì a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Com’è il tè del Verbano?
Al momento il progetto del tè del Lago Maggiore non prevede la produzione e alla commercializzazione di foglie destinate all'infusione, poiché si è in attesa dei permessi necessari. Inoltre sarebbe necessario ottenere i macchinari necessari alla lavorazione, idealmente provenienti dal Giappone, dove la tecnica sostiene produzioni con numeri elevati e, generalmente, sostituisce i costi molto elevati della manodopera.
Paolo Zacchera ha viaggiato in Cina, Giappone e Turchia, dove ha conosciuto la coltivazione estensiva del tè e ne ha appreso le tecniche di lavorazione. Ciò gli ha permesso di realizzare una piccola quantità di foglie di tè che abbiamo assaggiato.
Di che tè si tratta? A giudicare dall'aspetto verrebbe da pensare a un tè verde, le cui foglie non hanno subito una lavorazione molto preponderante. Sono lunghe, leggermente arrotolate, appena ossidate. Quest'ultimo aspetto ci fa rivalutare che si tratti di tè verde, che come sappiamo è una tipologia di tè non ossidata. Quindi in questo caso non ci affideremo molto alla categorizzazione standard dei tè, focalizzandoci unicamente sul sapore.
Decido di infonderle con acqua a 80°C e ne preparo 3 grammi in una kyusu giapponese con manico laterale da circa 200 ml.
L'aroma dell'infuso, ovvero le foglie bagnate, è spiccatamente vegetale. Tuttavia la cottura non è avvenuta a vapore, quindi si percepire una lieve tostatura. Nel gusto persistono le note erbacee e vegetali, con qualche tratto balsamico.